Data Pubblicazione: 25/04/2018
E’ la festa della liberazione anche a tavola: si celebrano i 73 anni dell’insurrezione delle forze partigiane e della sconfitta del regime nazifascista. La vittoria del popolo italiano, dei partigiani che combattevano nelle montagne, delle città che spazzavano via il nemico e si riprendevano la libertà. Il 25 aprile festa della liberazione dell’Italia va celebrato anche a tavola. I piatti dei partigiani che hanno reso libero il nostro Paese erano ricette povere, cibo di sostentamento per affrontare la battaglia: pane nero, cipolle, zuppe, castagne.
Ma c’è una ricetta che è assorta a simbolo della festa della liberazione: la pastasciutta antifascista. Scopriamone qualcosa in più facendo un salto indietro nel tempo per capire perché questo piatto è diventato una sorta di manifesto della liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Siamo negli anni del Ventennio quando venne diffuso il Manifesto della cucina futurista di Tommaso Marinetti: un manifesto dove si mette al bando proprio la pastasciutta definita come “assurda religione gastronomia italiana” portatrice di “fiacchezza e pessimismo”. Il simbolo d’Italia cancellato dalla dittatura fascista, riprese il suo posto nelle tavole italiane nel 1943, due anni prima della definitiva liberazione. E’ il 25 luglio 1943 e siamo a Campegine. Per festeggiare la caduta del fascismo (Mussolini fu sfiduciato in questa data dal Gran Consiglio), la famiglia Cervi, insieme alle altre famiglie del piccolo borgo emiliano, cucinò e portò in piazza la pastasciutta nei bidoni del latte. La pasta fu offerta a tutto il paese: un semplice piatto di pasta con burro e formaggio che divenne la pastasciutta antifascista. Simbolo del popolo italiano che si riprende la libertà e la festeggia con quello che il fascismo aveva provato a togliergli, anche a tavola. Ecco allora perché il piatto della festa della liberazione è la pastasciutta antifascista.
Ecco la ricetta della pasta al burro.
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